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Il piccolo Di Matteo vittima della famiglia mafiosa DI CARO
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Il libero professionista di ALLEANZA NAZIONALE,Gigi Bruccoleri,con i figli del Boss Calogero (Lillo) DI CARO Silvia e Diego all'ultimo ballo d'Italia di Bruxelles. Ottobre 2006
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Rapimento Di Matteo 8 Arresti
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CRONACA
Rapimento Di Matteo. 8 arresti nel'agrigentino
Partecipano alla prigionia di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino, nell’agrigentino, e due anni dopo sono uccisi, il 25 giugno del 1995, sciolti nell’acido perche’ sospettati di tradimento: Antonio Costanza di Favara, ed Antonio Di Caro di Canicatti’, figlio di Giuseppe, fedelissimo di Riina, Bagarella e Provenzano. Antonio Di Caro, laureato in agraria, e quindi, ‘u dutturi’. 12 anni dopo la Dda di Palermo svela mandanti ed esecutori. Giuseppe Vetro di Favara, Leoluca Bagarella di Corleone, Giuseppe Gambacorta di Porto Empedocle, Arturo Messina di Agrigento, Giovanni Aquilina e Vincenzo Licata di Grotte, Giuseppe Fanara di Santa Elisabetta. Determinanti sono state le dichiarazioni di Luigi Putrone riscontrate anche da quanto raccontato da Giovanni Brusca. I mandati di cattura sono stati notificati in carcere dalla Squadra mobile e dai Carabinieri di Agrigento. Titolari dell’inchiesta Anna Maria Palma e Costantino De Robbio. Antonio Di Caro fu ucciso perche’ si sospetto che avesse facilitato l’arresto dell’ex capo di Cosa nostra agrigentina Salvatore Fragapane, latitante e catturato nel 95, dopo un conflitto a fuoco in un casolare di campagna a Casteltermini. Di Caro avrebbe anche favorito la cattura di Bagarella, sempre nel 95. Di Caro, insieme a Costanza, ritenuto suo complice, fu vittima di un tranello: invitato a Palermo e poi ucciso in presenza, quasi come se fosse un battesimo di mafia, di Giovanni Riina, figlio di Toto’. Brusca strappo’ dal polso di Di Caro un orologio di valore, un Ebel, non appena il canicattinese fu immerso nell’acido. Le presunte responsabilita’ di Arturo Messina sono legate solo ad un presunto nulla osta che Messina avrebbe concesso ai corleonesi per l’omicidio di Antonio Di Caro.(Angelo Ruoppolo)
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CRONACA
Omicidi nell'agrigentino. 8 arresti
Dopo un conflitto a fuoco, nelle campagne di Casteltermini, la Direzione investigativa antimafia di Agrigento arresta il latitante Salvatore Fragapane, di Santa Elisabetta, Capo di Cosa nostra agrigentina. E’ il 25 maggio del 1995. Fragapane e’ tradito, forse, da una soffiata. Si sospetta di Antonino Di Caro, di Canicatti’ ‘’ u dutturi ‘’, perche’ laureato in agraria, figlio di un ex capo, Giuseppe Di Caro. Un mese dopo, il 24 giugno, e’ arrestato a Palermo Leoluca Bagarella, sorpreso sotto casa, in una palazzina davanti l’abitazione dei giudici Lo Forte e Pignatone. Secondo i pentiti, Antonino Di Caro, gia’ Capo provincia di Agrigento, avrebbe facilitato anche la cattura di Bagarella. Ecco perche’ il sospetto, che tra i mafiosi e’ quasi sempre l’anticamera della verita’. L’accusa di alto tradimento, il processo e la sentenza, di morte. Nino Di Caro, solo perche’ ‘’tragediato’’, e’ vittima di un tranello. Lo invitano a Palermo, insieme all’imprenditore di Favara, Antonio Costanza, ritenuto suo complice e padre di Calogero, il 27enne arrestato il 6 marzo scorso, giorno dell’operazione Camaleonte. E’ il 25 giugno del 95: Di Caro e Costanza sono sciolti nell’acido in presenza, quasi come se fosse un battesimo di mafia, di Giovanni Riina, il figlio del Capo dei Capi. Una esecuzione efferata: tanto che Giovanni Brusca avrebbe strappato dal polso di Antonino Di Caro un orologio di valore, un Ebel, non appena il corpo fu immerso nell’acido. Di Caro e Costanza, un destino comune. I due avrebbe contribuito alla prigionia nell’agrigentino di Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino. Brusca consegno’ a Di Caro il ragazzino mentre Costanza avrebbe procurato la casa quando lo sventurato fu nascosto a Favara. 12 anni dopo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo svela mandanti ed esecutori, grazie anche alle dichiarazioni, riscontrate con Giovanni Brusca, del pentito eccellente di Porto Empedocle, Luigi Putrone. La Squadra mobile di Agrigento, agli ordini di Attilio Brucato, ed i Carabinieri, capitanati da Rodolfo Passaro, hanno notificato 8 mandati di cattura in carcere a Giuseppe Vetro di Favara, Leoluca Bagarella di Corleone, Giuseppe Gambacorta di Porto Empedocle, Arturo Messina di Agrigento, Giuseppe Fanara di Santa Elisabetta, Vincenzo Licata di Grotte e Giovanni Aquilina, anche lui di Grotte ed arrestato il 5 dicembre del 2006, una settimana dopo l’ arresto di Maurizio Di Gati che ha subito accusato Aquilina di essere stato un suo fiancheggiatore. Titolari dell’inchiesta sono Anna Maria Palma e Costantino De Robbio. Le presunte responsabilita’ di Arturo Messina sono legate solo ad un presunto nulla osta che Messina avrebbe concesso ai corleonesi per l’omicidio di Antonio Di Caro
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